giovedì 22 luglio 2010

primo capitolo terminato :-)

Ehi ehi....lo sapevate che ho comiciato a scrivere la mia tesi di laurea?? Ho cominciato lunedì. Mi sono armata di libri,riviste,altre tesi e pc...( e di tanta buona volontà,perchè con questo caldo avrei voglia solo di sguazzare nel mare) e ho cominciato a buttare giù qualcosina. Beh,quel qualcosina è diventato già il primo capitolo. L'ho terminato proprio adesso. Troppo soddisfatta ho deciso di scriverlo nel mio blog.. CHIARA E' FELICE!!!! :-)))))

martedì 20 luglio 2010

i criteri diagnostici del diabete

I criteri per la diagnosi di diabete sono,oltre alla presenza dei sintomi tipici di diabete,un valore di glicemia casuale,cioè indipendentemente dal momento della giornata,≥ 200mg dl;oppure glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl ( intendendosi con digiuno la mancata assunzione di cibo da almeno 8 ore);oppure glicemia ≥ 200 mg/dl due ore dopo una prova da carico orale di glucosio ( OGTT). Esistono inoltre situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti per la definizione di diabete,ma che,non costituiscono una condizione di normalità. In questi casi si parla di alterata glicemia a digiuno (IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125 mg/dl e di ridotta tolleranza al glucosio (IGT) quando la glicemia,due ore dopo il carico di glucosio,è compresa tra 140 e 199 mg/dl.

domenica 18 luglio 2010

andarmene da qui..?

Avviso subito che questo post non riguarda il diabete. E' un piccolo spazio personale dove voglio annotare alcuni miei pensieri.
Oggi,dopo tanto tempo per metterci d'accordo e per organizzarci per bene, noi EPO ( educatori professionali del 3 anno dell'università di padova) siamo riusciti finalemnte a trovarci per un pranzo tutti assieme ( o quasi). Banale dire che ci siamo divertiti e che abbiamo passato un'ottima domenica insieme. Banale dire che stare con loro mi ha fatto capire quali persone meravigliose ho avuto la fortuna di incontrare. Banale anche dire quanto mi mancheranno oramai che abbiamo terminato questi tre anni di università. Ho scoperto che le persone non sono tutte come quelle che ci sono nel mio paese ( e per fortuna!!!). Sono sempre più convinta che Adria non sia il posto fatto per me,per viverci una vita intera. Certo qui ci sono la mia famiglia,i miei splendidi nipotini e alcuni cari amici da cui sarà difficile separarmi..ma spero davvero un giorno di andarmene da questo postaccio,dove tutti pensano solo a bere e ubriacarsi e andare nei soliti locali alla moda per non rischiare di essere considerato uno sfigato. Se hai troppi obiettivi seri nella vita non sei preso in considerazione perchè fai le cose ( e osi dire queste cose ) troppo sul serio. Io vorrei tanto vivere coi miei amici EDUCATORI PROROMEPENTI che sanno affrontare la vita si col sorriso ma anche con la giusta preoccupazione per il proprio presente e per il proprio futuro. La vita non è fatta solo di divertimento ma anche di serietà a volte.E questi tre anni con loro mi hanno fatto riflettere molto su questa cosa: la vita è un dono meraviglioso,che qualcosa o qualcuno ( forse quello che io chiamo Dio) ci ha fatto ed è una cosa seria perchè importante. Grazie miei educatori per avermi fatto crescere insieme a voi,per avermi fatto sognare un futuro migliore,per avermi dato la forza di uscire da quel mondo tolemaico che è Adria,oltre le quali colonne d'Ercole sembra non ci sia altro. Per fortuna fuori da queste colonne C'E' BEN ALTRO....ci siete voi!
Chiedo scusa ai lettori per lo sfogo ma sentivo di dover fare questa riflessione.
Un abbraccio a tutti i miei compagni EPO. Alla prossima!

lunedì 12 luglio 2010

termine degli esami...non del blog!!

ciao a tutti!
Venerdì scorso ho finalmente terminato tutti gli esami...che grandissima soddisfazione! L'ultimo esame è stato proprio quello di informatica,lo stesso esame che mi ha "costretto" a creare e gestire questo blog. Devo dire la verità,inizialmente non avevo per niente voglia e intenzione di fare un blog. Sentivo che era una cosa imposta da qualcun altro e che non mi apparteneva. Poi,col tempo,ho imparato a voler bene a questa mia creazione e mi sono affezionata a questo piccolo spazio di libertà che è diabeteducazione. Quindi,contrariamente a quello che ho sempre pensato ( ossia che una volta superato l'esame di informatica avrei cancellato il blog) ho deciso di continuare a seguirlo. Chissà potrebbe essermi utile in qualche modo e soprattutto essere utile ad altre persone.
Quindi gente,continuate a leggere e commentare!!! Userò questo blog anche per scrivere la mia tesi..
Ciauz!:-)

giovedì 8 luglio 2010

IL DIABETE AL CINEMA


Ormai tutto quello che interessa la nostra vita sociale viene rappresentato in tv o al cinema. Il diabete,che è una condizione ormai diffusa in tutto il mondo,non dovrebbe fare eccezione. Ma ci siamo mai chiesti come viene rappresentata questa patologia nei film che guardiamo?
Eccovi alcuni esempi ( anzi pochissimi,perché di diabete se ne parla pochissimo!):nel film “Derailed”, la figlia del protagonista viene colta da crisi ipoglicemiche gravi e necessita di trapianto; in “Chocolat”, Armande è una signora anziana forte di carattere, diabetica in stadio avanzato, che muore di attacco di cuore; in “Panic Room”, la figlia della protagonista ha una crisi ipoglicemica proprio mentre entrambe sono chiuse in una stanza con i ladri in casa; “Johnny Stecchino”, l’amico del protagonista, diabetico è affetto da sindrome di down.
Il personaggio diabetico viene rappresentato sul grande o piccolo schermo come un incrocio tra un malato terminale ed un disabile. Talvolta anche obeso. Ah, e pure un po' sfigato.Un quadretto niente male, eh?
Ma la verità è che di diabete si parla ancora pochissimo nel grande e nel piccolo schermo. Forse perché è una malattia noiosa? Il diabete è sempre uguale: 365 giorni l’anno, 24h su 24h a fare sempre le stesse cose… controlli, punture/pillole, dieta. E quando capita la temutissima ipo, il 99% delle volte basta prendere un succo di frutta e la cosa si risolve. Altro che convulsioni, isteria, e scene da panico. E quando capita la temutissima iper, il 99% delle volte l’unica cosa che ti viene è una gran sete. Altro che emergenze e rischio di morte imminente… al massimo si muore di noia. Insomma,forse non suscita un così grande interesse!
Recentemente ho guardato un altro film,molto bello a mio parere,"Mine vaganti". La nonna della famiglia era affetta da diabete. Vi lascio guardare il film per vedere come questo personaggio viene rappresentato:non certo come un malato o un disabile..ma come una mina vagante. Le mine vaganti sono quelle persone che riescono a sconvolgere gli equilibri con i loro comportamenti e le loro prese di posizione, che non hanno paura delle proprie opinioni e del loro modo di essere.Niente male!!!

domenica 4 luglio 2010


Ho letto un'interessante intervista a un importante diabetologo di Genova:Enrico Torre,il quale ha scritto un bel libro:"Il medico smarrito". Diamoci un'occhiata!!!

Essere diabetologo, ha scritto qualcuno in questa rubrica, è una condizione cronica. Giustissimo. E come il diabete ha un suo percorso di accettazione.
Accetto di non avere la bacchetta magica, il ‘tocco’ magico. Accetto di curare meno con le medicine e molto... molto con cosa?

Penso di aver trovato la risposta. Nessun merito mio, ho avuto due grandi
maestri: io curo con il mio essere uomo. Il lavoro del diabetologo è essere persona. Saperlo essere con tutte le difficoltà e le potenzialità che questo comporta.

Si impara anche soffrendo, lo dicevano i greci. L’intuizione che l’educazione terapeutica mi ha fatto nascere è che aver sofferto è un aspetto importante nella relazione terapeutica. Non necessariamente della stessa malattia del paziente.

Essendo questo un diario faccio un esempio personale. Da qualche anno ho la gastrite. Il modo migliore per tenerla a bada è mangiare il giusto rinunciando ad alimenti particolarmente irritanti. C’è un problema anche qui di ‘adherence’ alla terapia.
Prima di sviluppare la gastrite istintivamente dividevo i pazienti in ‘buoni’ e ‘cattivi’ a seconda della loro capacità di seguire certe raccomandazioni. Oggi so - lo vedo dal mio comportamento - che nella realtà non si è ne buoni ne cattivi. Il paziente Enrico di anni 43 - gastrite con RE - più spesso è ‘buono’ a volte è ‘cattivo’ . Per gola, per fame, perché non resiste a una tentazione si ‘strafoga’ e passa la notte con lo stomaco in fiamme. Detto in altre parole non esistono pazienti ‘buoni’ né ‘cattivi’, perché in questa suddivisione è implicito un giudizio. E se il medico giudica, si allontana dal paziente e non è più in grado di stabilire un rapporto di cura efficace. Questo non c’era sui libri ma l’ho imparato sulla mia pelle.

I libri servono a poco. Lo dico anche se ne ho pensato e scritto uno insieme ai due miei maestri: Andrea Corsi, diabetologo e alfiere della educazione terapeutica e Paolo Gentili, docente di Psicologia a Roma, psicoterapeuta che accompagna da tempo le riflessioni di noi diabetologi.

Il medico smarrito parte proprio da un racconto diviso in tre fasi: “Il medico smarrito”, “Il paziente smarrito” e “Lo specchio”. A ognuna di queste tre fasi fanno seguito riflessioni davvero magistrali di Andrea Corsi e di Paolo Gentili. Il registro narrativo stimola le riflessioni è da loro carne e ossa.

Nel racconto ci sono personaggi molto vicini a essere persone. Sono persone che mettono in discussione. Come molti diabetologi. Ecco, io sono convinto che l’educazione Terapeutica e la Psicologia, penso in particolare a quella Rogersiana, diano degli strumenti e mi piacerebbe che questo libro (stampato e distribuito a 7 mila medici grazie all’intervento di tre case
farmaceutiche) stimolasse la curiosità di procurarseli questi strumenti.

Ma non basta. Convivere con la malattia in fondo significa essere uomini ed è qualcosa che va oltre gli obiettivi della educazione terapeutica e della psicologia. È una sfida ardua. Come diabetologi noi non operiamo sul terreno fisiologico del pancreas (o dello... stomaco). Il nostro ‘teatro operatorio’ è la vita stessa del paziente, i suoi vissuti e questi sono sempre diversi da come ce li aspettavamo.
La relazione fra medico e paziente deve quindi essere descritta nella sua eterogeneità. Credenze, ruoli e feticci (l’idea del buon medico e del buon paziente che sia il medico sia il paziente hanno e con la quale si
confrontano) si dispongono in maniera diversa ogni volta. Come superarli?
Tenendo presente che grazie al mio vissuto entro in contatto con chi mi sta davanti. In ogni relazione.

Detto in altra maniera: il curante deve sapere che è curato dal suo paziente. Sempre, comunque.

Per questo il concetto di specchio conclude la narrazione e vuole proporsi come sintesi come proposta di soluzione dello scacco in cui il medico si trova smarrendosi.

Come l’ho fatta lunga! Solo una cosa aggiungo: Ma il titolo del mio, del nostro libro può essere letto anche in un altro modo. Il medico può essere smarrito inteso come participio. Un ‘oggetto smarrito’ dalla collettività che è si attende da noi la risoluzione immediata del problema. Si è perso il ruolo del medico come accompagnatore, confessore, amico, testimone. Quel che volete.

Anche questo ruolo può essere recuperato facendo vibrare, aleggiare nel colloquio la sofferenza, la dimensione umana del rapporto. Se so che sono anche io ‘paziente’ (nel senso che ‘patisco’) potrò non giudicare e solo dove non c’è giudizio di può essere empatia, empowerment, cura efficace.

Fa bene ai medici essere ogni tanto malati sedersi dall’altra parte della scrivania rendersi conto come si è fragili, come si è deboli.

Questo libro è piaciuto ai primi che lo hanno letto. Sono orgoglioso delle splendide parole scritte da Jean Philippe Assal. Il fondatore della Educazione terapeutica mi ha cercato mentre ero in montagna (sinceramente all’inizio pensavo che si trattasse di uno scherzo dei miei colleghi) e poi a casa e si è offerto per scrivere parole che mi fanno arrossire. Spero che piaccia anche ai diabetologi, ai medici di medicina generale e magari anche a chi ogni giorno accompagna il suo medico in un percorso di consapevolezza e umanità.